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martedì 1 novembre 2016

Rapporto dal campo profughi di Como. di Carlo Mantegazza

Abbiamo ricevuto questo rapporto da Carlo Mantegazza che,  fin dal mese di luglio di quest'anno, sta seguendo come volontario indipendente la tragedia dei migranti respinti dalla Svizzera e bloccati a Como. A Como come a Saronno, come a Gorino e in tanti altri posti in Italia, si manifesta in tutta la sua gravità la mancanza di una cultura dell'accoglienza e l'inefficienza delle istituzioni nazionali ed europee, difronte a quello che sta diventando il punto di scontro tra due diversi modi di concepire la politica e la vita sociale.


Ciao Cesare,con un po' di ritardo ti invio qualche parola sulla situazione riguardante il campo migranti a Como e con essa ti allego anche una bellissima lettera scritta da un ragazzo a cui è stato consegnato un foglio di via.

A presto

Carlo

Dai primi giorni di luglio nei pressi della stazione san Giovanni a Como hanno iniziato a divenire sempre più numerosi gli accampamenti di migranti respinti alla frontiera Svizzera, in viaggio alla ricerca di un luogo in cui venga finalmente riconosciuta quella dignità umana loro negata nei propri paesi d’origine.
Volontari più o meno indipendenti si sono fatti quasi completamente carico di prestare loro assistenza, in attesa di una quantomeno lenta risposta istituzionale, per i mesi che hanno preceduto l’apertura di un campo governativo nella seconda metà di settembre.
Mentre al confine i diritti di molti venivano arbitrariamente calpestati a detta di vari osservatori nazionali ed internazionali e la situazione dei migranti in stazione era resa ancor più precaria da condizioni igieniche decisamente inadeguate e un’informazione legale a dir poco insufficiente e non organizzata.
Oggi il campo gestito da croce rossa italiana ospita da 300 a 400 persone, garantendo un riparo notturno a chi riesce ad accedervi, non sempre senza difficoltà, troppo spesso a causa della rigida applicazione di un regolamento mai reso pubblico, se non per la sua continua “evoluzione”.
Appena 3 giorni fa una famiglia palestinese con almeno 8 bambini sarebbe rimasta di notte sotto la pioggia se la parrocchia di Rebbio non fosse intervenuta contattando comune, prefettura e media e garantendo ospitalità a due dei suoi componenti che non possedevano i requisiti per l’accesso, che, stante la capienza “logistica” giunta al limite, erano garantiti, oltre che ai bimbi, solo ai relativi genitori. (Provo a tradurre: lo spazio si sarebbe potuto anche trovare, ma … se la legge non lo impone… )
Nessun tipo di attività ricreativa o educativa si è fino ad ora svolta al di qua o al di là del suo cancello, aperto all’esterno pressoché ai soli volontari Caritas e croce rossa, a loro volta apparentemente chiusi dalle maglie del solito “inderogabile” regolamento.
A molti ragazzi sono stati persino consegnati dei fogli di via, che impediscono loro l’accesso alla città, pena da 1 a 6 mesi di reclusione, per essersi esposti in solidarietà ai migranti contro decisioni ritenute inopportune prese dalle autorità preposte alla gestione dell’emergenza (non conoscendo i fatti nei dettagli rimanderei per questo al testo di una lettera da uno di loro diffusa), altri si è provato a intimidirli.
Nonostante questo, diverse associazioni comasche si stanno comunque attrezzando, e finalmente grazie alle risorse da loro messe a disposizione, a breve dovrebbero avviarsi diverse iniziative a partire da un corso di lingua italiana.
Così come, con l’arrivo dell’inverno, rispondendo finalmente alle insistenze di queste o semplicemente al buon senso, la prefettura, si è decisa a prenderà in considerazione un’accoglienza maggiormente diffusa sul territorio per quanto riguarda 100 minori, che troveranno alloggio in diverse strutture di cui sarà preventivamente accertata l’idoneità.
Evitando possibili illecite commistioni con gli altri ospiti, l’ulteriore aggravio di indisponibilità “reali o logistiche” ed in particolare, garantendo loro condizioni decisamente più adeguate. (“persino” in accordo agli standard)
L’assistenza legale ancora tarda però a rendersi efficace e si spera che con l’avvicinarsi del freddo ci si organizzi per riuscire a dare un’accoglienza più dignitosa a chi, donne e minori compresi, non trova ora che un paio di coperte, lasciate da alcuni cittadini sotto un porticato, per ripararsi dalla notte, contro un’ordinanza, ovviamente disattesa, che impedirebbe a chiunque persino di accamparsi sul territorio comasco…
qualcuno ci sta già pensando…

e se solo provassimo ad ascoltarci a vicenda, forse qualche passo riusciremmo anche a farlo…insieme…

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